Gelsomino Notturno: Esplorando le Figure Retoriche nel Capolavoro di Pascoli

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Il gelsomino notturno è una delle poesie più celebri del poeta italiano Alessandro Manzoni. Quest’opera lirica, scritta nel 1821, è intrisa di molteplici figure retoriche che ne caratterizzano il suo stile e la sua intensità.

Una delle figure retoriche predominanti nel gelsomino notturno è l’ossimoro, che consiste nell’unione di due parole apparentemente contraddittorie per creare un effetto poetico. In questa poesia, Manzoni utilizza l’ossimoro per descrivere l’ambivalenza delle emozioni provate dal protagonista attraverso l’accostamento di parole come “gioia mestieri” o “pianto e riso”.

Inoltre, la metafora svolge un ruolo di primo piano nel gelsomino notturno. Manzoni utilizza questa figura retorica per rendere più visiva la sua descrizione dei sentimenti e delle sensazioni suscitate dal profumo del gelsomino. Ad esempio, la metafora “il fiato dell’amore invisibile” crea un’immagine poetica del profumo che si diffonde nell’aria, quasi come se fosse un’entità invisibile che avvolge l’ambiente.

Infine, una figura retorica importante utilizzata nella poesia è l’anacoluto, che consiste nella rottura della coerenza grammaticale all’interno di una frase. L’anacoluto viene impiegato da Manzoni per rafforzare l’effetto emotivo della poesia e creare un senso di sospensione. Un esempio di anacoluto nel gelsomino notturno è presente nella frase “Vaghissi al lagno mio l’aura errante”, in cui la struttura non segue la normale sintassi italiana, ma contribuisce a creare un ritmo peculiare e coinvolgente.

In conclusione, il gelsomino notturno di Alessandro Manzoni è un’opera ricca di figure retoriche che arricchiscono la sua bellezza e profondità. L’ossimoro, la metafora e l’anacoluto sono solo alcune delle figure retoriche utilizzate dal poeta per catturare l’attenzione del lettore e trasmettere l’intensità delle emozioni vissute dal protagonista.

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